Madagascar 1 novembre 2022 - Si è concluso il viaggio missionario in Madagascar della delegazione che, due settimane fa, è partita da Reggio Emilia, alla volta di Manakara, sotto la benedizione dell’arcivescovo reggiano Giacomo Morandi. Dopo aver attraversato l'isola Rossa, dalla capitale di Antananarivo, a Nordovest del Paese, fino a Sudest, la spedizione ha trovato notevoli manifestazioni di carità, in aiuto ai più deboli, da parte della Diocesi reggiana e di numerose altre istituzioni cattoliche cristiane. 

La delegazione dopo un viaggio in mezzo alla povertà più estrema, è pronta al rientro dal nuovo aeroporto della capitale: si porterà la testimonianza di ciò che è stato visto e toccato con mano. 

 

MANAKARA

Il viaggio missionario è partito dalla capitale di Antananarivo, per poi, giungere a Manakara, cittadina sull’Oceano Indiano, a Sudest del Madagascar.

Oltre milleduecnto persone hanno partecipato alla celebrazione solenne che si è tenuta proprio a Manakara, nella Parrocchia della Divina Misericordia, gestita dalla Diocesi di Reggio Emilia. Don Luca Fornaciari ha officiato una particolare funzione, in omaggio alla famiglia Storchi che ha donato alla Parrocchia una abitazione - non lontano dalla chiesa - dove, sempre oggi, è stata svelata una targa in memoria di Pietro ed Edmea, i genitori di Fabio Storchi, ai quali è dedicata la casa missionaria. 

Fortissimo il senso di riconoscenza della comunità locale, nei confronti dei presenti: don Luca Fornaciari, e don Simone Franceschini, sacerdoti missionari; Fabio e Paolo Storchi; Ettore Pecchini, agronomo; Anna Borghi, addetta alla gestione della casa e Camilla Lugli, volontaria. La comunità parrocchiale, insieme al consiglio pastorale, si è unita in una Santa Messa cantata e ballata, a cui è seguita un processione per le vie della cittadina, per un cerimoniale che è durato oltre tre ore. 

'Sappiamo che siete una famiglia benestante, ma non è scontato che voi siate generosi, come lo siete stati, con noi', queste le parole di RiryTseke, locale presidente della Parrocchia della Divina Misericordia.

Solenne il saluto di don Fornaciari che ha sottolineato come: 'Con interventi come questo riusciamo a dare risposte alle esigenze di questa popolazione. La povertà è lampante, le necessità quotidiane sono innumerevoli ed urgenti: talvolta si tratta proprio di vita o di morte'. 

Una processione lungo le strade poverissime di Manakara, con la Madonna issata a simbolo di speranza e redenzione, è seguita alla messa. La casa donata è stata costruita in tempi record, inaugurata in periodo di pandemia: rappresenta il baluardo per i missionari ed i volontari che in Madagascar si prodigano per il prossimo. La casa è lambita da un terreno ancora libero, dove verrà realizzata, secondo le intenzioni dei due sacerdoti missionari, una mensa. 

'Siete bellissimi, soprattutto voi giovani che avete il futuro in mano' questo il saluto, nella lingua locale, di Storchi, ai presenti durante la celebrazione. 'Sentivamo il dovere di venire a vedere di persona quanto fatto qui a Manakara;  così è stato, e di questo siamo molto soddisfatti. La situazione legata alla povertà, in Madagascar, non è per nulla facile. Serve il contributo di tutti per aiutare questa parte di mondo, dove si può morire ancora di fame'. 

Ettore Pecchini, agronomo ha affermato: 'Il futuro del mondo è dei giovani africani, noi siamo qui per voi, per aiutarvi in questa grande impresa'.

Don Simone Franceschini: 'La casa è stata un grande dono. Ci consente una vita di comunità, con condivisione, anche con coloro che vengono da fuori e sono in visita presso la nostra missione'. 

Don Luca Fornaciari conclude: 'Una delle risposte ai problemi del Madagascar e del Terzo Mondo, è la cultura. Serve una formazione costante e completa, estesa alla preparazione universitaria, perché è solo così che si può sconfiggere la povertà. Partendo dalla conoscenza e dai saperi’.

 

Manakara è una città del Madagascar a Sudest del Paese, povera. Poverissima. Conta 60.000 abitanti, anche se, in modo non ufficiale, potrebbero essere molti di più. Il popolo malgascio si riproduce in modo costante: a volte sono anche 7-8 figli per famiglia, da sfamare, senza saper come. Ciò che in questa area sta facendo il Centro missionario diocesano di Reggio Emilia, con la Parrocchia locale intitolata alla Divina Misericordia, guidata da don Luca Fornaciari, coadiuvato da don Simone Franceschini, è immane.

Ciò che rimane da fare è tantissimo. Sono le necessità primarie in ballo. La sussistenza alimentare in primis. Quella sanitaria è ancora un optional. Si pensa a non morire oggi. Alla sopravvivenza. Il futuro è una specie di visione, su cui il popolo locale non riflette. Troppo consistenti le necessità dell’oggi, per pensare al domani. Fare il missionario a Manakara significa rendersi disponibili alle necessità del prossimo, quasi 24 ore su 24. La messa ha qui il suo antico significato, è un momento per stringersi nella preghiera, per affrontare meglio la realtà: durissima. Oltre che uno scorcio di aggregazione. La vita di comunità è essenziale a Manakara. Senza la forza comune, l’aiutarsi l’un l’altro, verrebbe a mancare, con tutta probabilità, ed in molti casi, la possibilità vivere. Infatti e nonostante tutto, in queste zone, non si muore di fame, perché chi si trova in grave difficoltà viene comunque aiutato, anche da chi ha ben poco per se stesso. In questo contesto sociale e culturale - l’analfabetismo è al 70 per cento - si inserisce il lavoro dei due emiliani: don Luca e don Simone. Entrambi dotati di una profonda generosità e vocazione missionaria, sono alle prese, ogni giorno, con problemi e situazioni tra le più disparate. La Chiesa è qui simbolo di speranza e di fiducia verso il futuro, nel suo senso primo. 

 

I PROGETTI

Serve progettare per creare le fondamenta di una nuova cultura di base. Potremmo scomodare l’antropologia per capire che il popolo malgascio ha una sua forte dignità, insieme ad una totale mancanza di iniziativa personale. Il clima non aiuta. Le temperature costantemente miti hanno creato nella cultura locale, un senso di lascività e fatalismo fortissimo. Ovvero, la mancanza di necessità dovuta alle temperature gradevoli, insieme alla ricchezza della terra - gli alberi da frutto danno origine a prodotti superbi - con la quasi totale assenza di formazione scolastica. Il tutto, unito ad un seppur impercettibile sfruttamento da parte di Paesi stranieri, ha determinato un atteggiamento verso la vita arrendevole. Solo forse con l’esempio è possibile cambiare qualcosa nella mentalità del popolo del Madagascar. 

 

L’UNIVERSITA’

Dal 2021 la missione della diocesi di Reggio Emilia - Guastalla promuove il sostegno dei giovani della Diocesi di Farafangana-Manakara. Il progetto è seguito da don Luca Fornaciari che coordina il gruppo dei giovani e insegna nell' Università. E’ già  in corso il progetto ‘Universitari in Madagascar’, promosso dal Movimento Familiaris Consortio e sostenuto dal Centro diocesano missionario di Reggio Emilia. ‘Con 500 euro riusciamo a sostenere gli studi universitari di tre anni per uno studente: dalla maturità fino al conseguimento della laurea triennale. Le famiglie, in collaborazione con noi, partecipano a tutte le altre spese. In un dialogo proficuo e costante fra tutti’ afferma don Luca. Ora, la sede universitaria più vicina è a Antsirabe, (700 km da Manakara) frequentata da 1500 studenti che hanno, in questo modo, una vera possibilità di riscatto. Don Fornaciari è professore di Teologia e Lingua italiana, riuscendo in questo modo ad accompagnare i giovani anche nella dimensione  umana e spirituale: ‘Con l’istruzione, anche di tipo accademico, regaliamo a questi giovani malgasci la vera possibilità di avere un futuro diverso’ afferma. 'Stiamo ricevendo un forte incoraggiamento dal clero e dalla società locale - continua don Luca - dobbiamo uscire da una forma di puro assistenzialismo di sviluppo del territorio,  verso una più evoluta comprensione dell'essenzialità della formazione e della cultura. Laddove, nel mondo, si parla di cultura scientifica e tecnologica, qui serve la formazione essenziale, per creare le fondamenta del futuro del Paese. Siamo al servizio di giovani, uomini e donne di buona volontà per contribuire a creare una nuova classe dirigente competente e onesta'. Potere contare su di una istruzione accademica é quanto mai fondamentale. Per cambiare le cose serve, innanzitutto, aprire mente e cuore e cambiare la cultura. Aprirsi a nuove conoscenze in un Paese in cui, ancora, i tabù culturali sono enormi. In questo contesto si inserisce l’idea di don Luca Fornaciari: rendere accessibile una Università, nella località di Farafangana, ad una ora di auto da Manakara, portando nuovo lustro ad un vecchio edificio, un tempo sede di un grande seminario. Ora abbandonato, già di proprietà della locale diocesi. In tutto il Sudest dell'Isola non è presente nessun ateneo. E' un modo questo per valorizzare l'area e dare nuovo impulso all'economia locale, attraverso la cultura. 

'La presenza di una Università a Farafangana potrebbe rappresentare un forte stimolo alla crescita economica ed alla sviluppo sociale di una regione che si affida ancora ai mestieri antichi di base, come pesca ed agricoltura' ad affermarlo Fabio Storchi, in una ottica di notevole possibilità di cambiamento per questo Paese. 

 

LA FERME (fattoria)

A Manakara si trova anche la ferme Saint François gestita da don Simone Franceschini. La fattoria è di proprietà della diocesi di Farafangana. I dipendenti sono 20, vengono lavorati circa 10 ettari su 25 totali. La sua finalità è l’avviamento al lavoro agricolo per i giovani delle campagne limitrofe, oltre che il reinserimento sociale e lavorativo di persone, anche provenienti dall’Ospedale psichiatrico di Ambokala.‘In questo momento stiamo ricostruendo alcuni edifici, prima di ripartire con l’ospitalità degli apprendisti. Presto ci doteremo di un impianto fotovoltaico, insieme  alla costruzione di un piccolo caseificio. Creeremo una stalla, per le vacche da latte, a cui si andrà ad aggiungere un’altra per allevare gli zébù. Alleviamo galline ovaiole e quelle di razza locale, anatre ed oche, oltre ai conigli. Stiamo sperimentando diverse coltivazioni ortofrutticole. La comunità residente avrà abitazioni riqualificate. Avremo presto un mulino. La fattoria é dotata anche di arnie per l’apicoltura  e piantagioni di spezie: caffè, cannella, garofano, pepe nero e rosa, vaniglia, agrumi e alberi di eucalipto. Infine, la ferme include e custodisce una parte di foresta. Durante l’anno di apprendistato, le giovani famiglie, potranno vivere una esperienza di vita comunitaria, in cui condividere il lavoro, i pasti e la quotidianità. La modalità stanziale sarà anche l'occasione per offrire una formazione umana e spirituale. Impartiamo le regole della vita comune, perché possa essere palestra al: rispetto, convivenza, servizio ed accoglienza inclusiva' spiega Don Simone. Obiettivo non meno importante é dare stimolo al risparmio e alla progettazione della propria vita. 'Pensiamo di accogliere ogni anno una decina di giovani famiglie oltre ad ex malati dell’ospedale psichiatrico, per un totale di 25/30 persone. Non riceveranno uno stipendio, tuttavia oltre ad assicurare loro: vitto, alloggio ed eventuali spese mediche, godranno di un contributo consistente per attrezzature, animali, sementi, secondo un progetto costruito ad hoc con ciascuno. Al termine dell’orario lavorativo, si propone anche uno spazio per la formazione teorica e di alfabetizzazione. La vita comune sarà occasione anche per mettere a confronto la comprensione di Dio e della vita, la ricerca del bene comune e la custodia del creato. La dimensione spirituale incide sulla concretezza della vita e la plasma. L’obiettivo più urgente é rendere autosufficiente economicamente la ferme, per quanto riguarda la conduzione ordinaria. Vogliamo cercare il bene di questi giovani chiedendo in cambio onestà e responsabilità, non siamo li per sfruttare le loro ricchezze o per imporci come colonizzatori con le nostre conoscenze e possibilità, ma per dare un impulso all'economia locale, creando un modello ad hoc, replicabile'  conclude don Simone.

 

 

 

L’OSPEDALE PSICHIATRICO E IL CENTRO PER  BAMBINI E RAGAZZI DISABILI

Enrica Salsi, reggiana, porta avanti un grande sforzo presso l’ospedale psichiatrico di Ambokala, sempre a Manakara, di cui è responsabile del progetto. I pazienti affetti da malattie mentali sono molti e scompensati. Non trovandosi sotto trattamento farmacologico, arrivano spesso ad Ambokala, in situazioni gravi, tanto da richiederne l’isolamento. 

Attualmente abbiamo in cura 22 malati’ spiega Salsi che, con l’aiuto di maestranze locali, gestisce la cura ed il reinserimento sociale e lavorativo di queste persone. La malattia mentale è diffusa in Madagascar e può raggiungere i casi clinici più complessi, proprio per l’assenza di cure e trattamenti. Oltre che per la diffusione dell’utilizzo smodato di alcool e droghe. 

A Manakara esiste un'altra struttura di accoglienza per bambini con difficoltà motorie e mentali, in località Tsararano, gestita dal Centro missionario diocesano di Reggio Emilia, con don Luca. I bambini sono 20, provenienti da tutta la regione: non avendo loro una famiglia che possa prendersene cura adeguatamente. Nelle loro case rischierebbero una vita di isolamento sociale, mentre, in questo contesto, ricevono una formazione ed una prima forma di inserimento sociale. I bambini vivono proprio nella struttura che è guidata da personale preparato locale, fra i quali: due consacrati dell'Istituto dei Servi della Chiesa: in grado affrontare la gestione di quotidiana. 

 

L'OSPEDALE DI AMPASIMANJEVA

L'Ospedale di Ampasimanjeva è un nosocomio per i poveri, immerso nella giungla malgascia. Gestisce, mediamente,  18mila prestazioni all'anno. I casi clinici sono diversi, dovuti, in principal modo alla malnutrizione, poi, malaria, tubercolosi, patologie cardiologiche. E, ad esserne colpiti sono soprattutto i bambini. Cecilia Pellicciari, 57 anni, dirigente presso l'Ausl di Modena, ed in forza all'Ospedale italiano di Baggiovara (Mo), prende, normalmente, periodi di aspettativa dalla sua occupazione principale, per raggiungere Ampasimnjeva. Donna tosta che mette al servizio dei più poveri la sua professionalità. I posti letto sono circa un centinaio. I medici malgasci sono solo tre, insieme ad alcuni volontari: Giada Tirelli di Reggio Emilia, Emanuele e Teresa Barani di Modena. I numeri fanno comprendere la mole di lavoro che viene gestito in questa parte povera di mondo. I finanziamenti provengono, per la buona parte, dalla Congregazione mariana Case della Carità, e dal Centro Missionario della Diocesi di Reggi Emilia, che lo gestisce da oltre 50 anni. L'organizzazione è quasi militare nel plesso. La strada per giungervi è impervia. Il lavoro difficile. 

'Amo quello che faccio qui in Madagascar - spiega Pellicciari - questo mi fa passare ogni fatica. Abbiamo raggiunto un ottimo grado di organizzazione. Le attrezzature mediche a nostra disposizione sono fra le più semplici, necessitiamo però di averne, tra le più nuove ed efficienti.  Nonostante ciò, riusciamo a gestire le emergenze.

Nell'ospedale malgascio anche un reparto di maternità. 'Accogliamo le partorienti; per loro c'è uno spazio ad hoc. Così pure c'è una sala chirurgica pienamente funzionante. Notevole il lavoro anche del personale infermieristico e dei volontari, anche italiani'. Qui, si salvano vite. 

 

SICCITA'

Il profondo Sud del Madagascar è martoriato dalla siccità. I cambiamenti climatici hanno determinato, anche in questa parte di mondo, caldo torrido, assenza di acqua ed anche di pioggia. Una situazione molto difficile che sta mettendo in ginocchio le piccole comunità di malgasci che vivono nell'entroterra. La mancanza di acqua esacerba una condizione di povertà già estrema. Difficile pensare ad una soluzione per sradicare il problema. Si fa fronte, con la creazione di cisterne, che possano stoccare quantità di acqua necessari almeno all'uso civile e sanitario. I bambini non vengono lavati in queste zone. Si vive con il pochissimo a disposizione. Le genti di questa parte di Madagascar come occupazione principale ha la produzione del carbone: ovvero, vengono abbattuti alberi in modo abusivo determinando il pericoloso ed illegale fenomeno della deforestazione, che ha ridotto la superficie boschiva dell'80 per cento; il  legno, una volta arso, diviene carbone che proprio i bambini vanno a vendere sulle strade di maggior traffico. Portandosi, anche dieci chilogrammi di peso sul capo, per raggiungere il luogo di passaggio per la vendita. Anche in questo caso, ad intervenire, con un pasto alla settimana, nelle varie comunità, sono gli uomini e le donne del Centro missionario diocesano, coordinati da padre Jean Crisostome e la sua organizzazione: S.O.S Tulear. Il Centro missionario di Reggio Emilia, con Don Luca Fornaciari, ha creato una fortissima sinergia e collaborazione proprio con padre Jean.

'La situazione si presenta veramente estrema, qui la povertà è massima - spiega padre Jean - la mancanza di acqua determina situazioni al limite della sopravvivenza. Le conseguenze dei cambiamenti climatici stanno colpendo duro anche qui. I bambini in queste piccole comunità dell'entroterra sono tanti. Facciamo il possibile per portare loro almeno un pasto alla settimana. Non sono infatti, nelle condizioni di poter cibarsi ogni giorno. Mangiano quando trovano qualcosa che la terra offre loro. Quindi, ben poco. Molte persone, a causa di questa situazione, sono immigrati nelle grandi città del Madagascar, generando problemi di delinquenza'. 

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